
TÜV Italia ha stilato un protocollo di sicurezza per aziende e circoli che può segnare
un prima e un dopo per tutto il settore. Ne abbiamo parlato con l’ingegner
Andrea Rotundo, a capo del progetto dell’ente
di Daniele Pansardi
La crescita spontanea ed esplosiva di un mercato è spesso accompagnata da un periodo di incertezze e confusioni normative, di cui il legislatore italiano tende a occuparsi con un certo ritardo. Una situazione ricorrente nel Belpaese, al pari del trend che vede i privati talvolta sostituirsi allo Stato nell’indicare la direzione da far intraprendere a un determinato settore. Era improbabile che il padel potesse sottrarsi a queste dinamiche, e così è stato.
Fino a poco tempo fa, non esisteva alcun protocollo di certificazione per la sicurezza dei campi, nonostante sia stata raggiunta da qualche settimana quota 8.000 su tutto il territorio. Un vuoto colmato solo dall’iniziativa di TÜV Italia, distaccamento del gruppo TÜV SÜD, ente indipendente di certificazione che ha stilato un’analisi per l’inquadramento e la classificazione delle strutture costruite e sulla validazione e monitoraggio annuale. TÜV Italia si è inserita in un contesto poco regolamentato, e ha tracciato le linee guida per la verifica dei requisiti di sicurezza di un campo partendo da un’analisi del rischio delle attività previste in un impianto di padel, che si basa prevalentemente su test empirici.
È facile intuire come questa novità possa rappresentare un prima e un dopo nella progettazione degli impianti: i costruttori che esibiranno una certificazione TÜV Italia potranno vantare un bollino di garanzia in grado di differenziarli dal resto dei competitor. Nel momento in cui scriviamo, le società ad aver superato tutti i test sono state due: Padel Corporation e Italian Padel. TÜV Italia ha consegnato i primi certificati nel mese di maggio all’interno del Padel Club Ripamonti (che aprirà prossimamente a Milano) a Padel Corporation e nella sede di Italian Padel a Calvisano (BS). Abbiamo parlato di questo progetto con l’ingegnere Andrea Rotundo, service line manager for mechanical safety di TÜV SÜD.
L’intervista
Andrea Rotundo, service line manager for mechanical safety di TÜV SÜD
Com’è nata l’iniziativa da parte di TÜV Italia?
Abbiamo avuto il primo approccio al padel con un team building in azienda, dopodiché, grazie a un mio collega che cercava informazioni su come aprire un centro, abbiamo conosciuto Padel Corporation e Italian Padel. Da quel momento è iniziata un’analisi dello scenario in cui ci siamo resi conto che non esistevano norme specifiche in questo ambito, per cui abbiamo iniziato a studiare un protocollo di prova di sicurezza. Come succede per tutti i grossi trend, molti produttori che prima si occupavano di altri settori industriali si sono reinventati costruttori di campi da padel. Un sintomo di crescita del mercato, ma anche di difficile gestione, con poche ispezioni nelle strutture e rischi intrinsechi che non vengono analizzati. Abbiamo voluto fornire una linea guida da seguire per il futuro. In cosa consistono, nel concreto, le verifiche empiriche di TÜV Italia? Quando non esistono delle prescrizioni specifiche su un determinato settore, ogni ente certificatore può iniziare un iter per stilare un nuovo protocollo in base alla propria esperienza. Abbiamo raccolto le norme relative a uno sport simile, come lo squash, e ai vetri di sicurezza incrociandoli con il regolamento della Federazione internazionale e, con un’analisi del rischio, abbiamo estrapolato caso per caso i requisiti che potevano essere adatti al padel. Il protocollo di prova è lungo circa 60 pagine. Al suo interno si trovano i requisiti dimensionali generali di un campo, richiamati dalle direttive internazionali, a cui abbiamo aggiunto elementi legati alla nostra esperienza tecnica nei parchi giochi, in particolare per quanto riguarda gli intrappolamenti. Durante una fase di gioco, per esempio, una persona potrebbe rimanere incastrato con le dita nella rete metallica, per cui le maglie della griglia devono avere delle dimensioni tali per cui un utente può liberarsi senza fatica e senza danni. Il protocollo si divide in tre maxi categorie: l’ambito dimensionale, l’integrità strutturale e la prova empirica. Abbiamo effettuato un’analisi sui componenti critici della struttura del campo ed è balzata subito all’occhio l’importanza dei vetri.

Da sinistra: Andrea Rotundo (TÜV SUD), Andrea Rossettie Mattia Rossetti (Padel Corporation),
Simone Ferro (TÜV SUD) e Alessandro Mileto (Padel Club Ripamonti)
Come si valuta se un vetro è correttamente installato?
C’è una prova d’impatto all’interno della normativa dello squash e del multisport. Da questa base, abbiamo stimato che una persona di 100 kg da metà campo possa raggiungere una velocità massima di 18 km/h prima di impattare contro il vetro per recuperare una pallina. Inizialmente, abbiamo posto come condizione che il vetro non dovesse presentare alcun danno in seguito a questo tipo di incidente. Ci siamo resi conto, tuttavia, che in realtà questo non copriva tutti i casi di rischio possibili. Un vetro che resiste a un impatto del genere, infatti, non esclude un suo possibile danneggiamento in futuro. Invece di domandarci cosa potrebbe fare l’utente per rompere un vetro, abbiamo dato per scontato che, anche a causa di tante variabili esterne, la parete prima o poi si romperà. Partendo da quest’assunto, abbiamo posto come condizione che il vetro debba rompersi in modo sicuro. Banalmente, ciò vuol dire equipararlo al parabrezza di un’auto, che non deve essere indice di rischio o incidente per l’utilizzatore.
Con queste premesse, quali sono le differenze tra vetri stratificati e non?
Quando si arriva alla rottura di un vetro monolitico, che non possiede uno strato al suo interno, quest’ultimo esplode con schegge di 20-25 cm che possono potenzialmente cadere da due metri e mezzo d’altezza. Il rischio è notevole, dall’amputazione di un arto alla morte, nei casi peggiori. Non abbiamo voluto accettare, dunque, vetri che non fossero stratificati. Per far sì che si rompano in modo sicuro, è necessario che ci sia una guaina protettiva all’interno della stratificazione. Questo tipo di costruzione permette al vetro, anche in caso di grave danneggiamento, di collassare su se stesso entro i tre e i cinque minuti successivi all’impatto. Un giocatore ha dunque tempo di rendersi conto che il vetro è fratturato e di togliersi dalla zona di rischio.
“A oggi i gestori forse non ne sono a conoscenza ma, essendo loro gli unici responsabili legali delle persone che giocano su un campo, dovrebbero assicurarsi quantomeno che, dal giorno della posa, ci siano tutti i requisiti di sicurezza”.
Dopo il soddisfacimento dei requisiti di integrità strutturale, si passa alla visita ispettiva per aziende.
Soddisfare i requisiti dimensionali e di integrità strutturale, passando poi tutte le prove, crea un fascicolo tecnico a cui bisogna aggiungere una visita ispettiva ai siti di produzione. Se tutto viene avallato e approvato, una volta all’anno si procede a un controllo per garantire che il livello di qualità rimanga invariato. Questo vuol dire che i produttori possono cambiare il loro sistema, ma devono comunicarcelo in modo da valutare se c’è un miglioramento o un peggioramento. Tutto ciò dà in mano alle aziende la possibilità di dire che il loro kit per i campi, costruiti con i materiali listati durante l’ispezione e secondo le informazioni offerte ai loro clienti, è certificato, e TÜV SÜD ci mette la faccia come partner del produttore. In caso di contenzioso legale, significa anche che quest’ultimo ha tutto il diritto di poterci contattare per farsi sostenere durante la causa.
Oltre all’iter di certificazione, TÜV SÜD prevede anche un altro tipo di servizio, ovvero l’ispezione di collaudo. Perché e in cosa consiste?
Non essendo un prodotto standard, il campo potrebbe essere ben progettato e certificato, ma installato da un acquirente in un ambiente non sicuro. Le variabili sono infinite. Per questa ragione, noi chiediamo anche l’ispezione di collaudo. Una volta decisa la posizione del campo, andiamo in loco ad analizzare l’ambiente circostante e a valutare gli eventuali rischi per segnalarli, nel caso, con appositi alert. In questo modo, siamo in grado di dire all’eventuale gestore di un circolo che non solo hanno acquistato un campo certificato, ma che un ente terzo riconosce il modo in cui è stato installato.
Cosa rilascerà TÜV SÜD dopo un’ispezione che si conclude in maniera positiva? E perché sarebbe opportuno farla?
Rilasciamo un rapporto di prova che, prendendo a esempio il caso dei parchi giochi, è l’unico documento a garanzia del rispetto del principio moderno della legge italiana, ovvero quello del buon padre di famiglia diligente. È vero che per i parchi giochi la normativa non è obbligatoria, ma se ci fosse un incidente il giudice prenderebbe in mano il fascicolo tecnico e convocherebbe il gestore dell’area pubblica per chiedergli di dimostrare che sia stato fatto tutto il possibile per rendere sicura la struttura, a prescindere dall’obbligo di rispettare la legge. Se questo non dovesse essere fatto, il giudice attribuirebbe le responsabilità a quel gestore. La stessa cosa vale per i campi da padel, anche se non c’è una legge specifica. A oggi i gestori forse non ne sono a conoscenza ma, essendo loro gli unici responsabili legali delle persone che giocano su un campo, dovrebbero assicurarsi quantomeno che, dal giorno della posa, ci siano tutti i requisiti di sicurezza. Se non c’è un’ispezione di un ente terzo, allora un circolo non ha in mano un documento che ne testimonia la conformità. Se sei mesi dopo l’apertura si verifica un incidente, probabilmente quella struttura non aveva i requisiti adatti neanche dal primo giorno, ma il gestore se n’è comunque assunto la responsabilità legale non sapendo a cosa andava incontro. L’ispezione di collaudo, invece, copre questa fattispecie e attesta che il gestore dell’area ha fatto tutto il possibile per far ispezionare le proprie strutture. Questa certificazione durerà un anno.
“La pubblicità derivata dalla certificazione potrebbe rendere le aziende più visibili a livello nazionale e internazionale, ma se non ci sono approfondimenti nei circoli sportivi loro di fatto vendono’solo’ un kit certificato e basta”.
Quanto è durato l’iter di certificazione di un campo per Padel Corporation e Italian Padel?
Per entrambi è durato circa un anno, perché erano i primi progetti. Mentre su un fronte facevamo le prove con i produttori, dall’altra parte io mi confrontavo con il senior product specialist dello sport di TÜV SÜD, che doveva avallare ogni singolo requisito che veniva inserito all’interno del protocollo di prova. Per poterlo fare, aveva bisogno di casi empirici, per cui dovevamo ripetere più volte i test per avere un dato statistico solido e andare avanti. La risposta alla domanda, in ogni caso, è che dipende dalla preparazione del produttore, non solo dalle verifiche empiriche sul campo, ma anche dalle visite ispettive in azienda.

Da sinistra: Simone Ferro (TÜV SUD), Claudio Galuppini (Italian Padel) e Andrea Rotundo (TÜV SUD)
Nel frattempo si sono fatte avanti altre società costruttrici per avere una certificazione?
Sì, e speriamo che questo interesse si allarghi anche alle ispezioni, perché è il vero punto critico. La pubblicità derivata dalla certificazione potrebbe rendere le aziende più visibili a livello nazionale e internazionale, ma se non ci sono approfondimenti nei circoli sportivi loro di fatto vendono “solo” un kit certificato e basta. Ci aspettiamo che i produttori informino i loro clienti finali della necessità di far compiere un’ispezione annuale, che è un requisito per ottenere la certificazione.
Avete avuto contatti con enti pubblici? Quanto siamo lontani da una normativa specifica sui campi da padel?
Abbiamo avuto un timido contatto con la FITP, che però attualmente ha opinioni divergenti rispetto alle nostre. Faccio parte di un tavolo tecnico in cui possono essere invitati tutti gli attori del settore specifico, dai produttori dei vetri a quelli dei campi. È un punto di partenza per la stesura della bozza di una norma di riferimento. Noi possiamo semplicemente dire di aver tracciato delle linee guida da cui prendere spunto. In ogni caso, il trend è talmente grosso e ampio che sta richiamando l’interesse di tanti produttori e di una comunità sportiva sempre più grande. Immagino quindi che l’UNI (Ente Italiano di Normazione) abbia una certa urgenza nel generare una normativa tecnica di riferimento.
Comments