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Tra heritage e futuro: alla scoperta del nuovo progetto di Babolat 4

A settembre il marchio di Lione ha presentato il suo nuovo e ambizioso progetto:
il Babolat Padel Studio, laboratorio catalano dedicato alla ricerca e sviluppo
delle pale e all’innovazione della disciplina. Tra i presenti, il ceo Eric Babolat
e il campione Juan Lebrón

di Benedetta Bruni e Benedetto Sironi

Vivere un’azienda che è sia multinazionale sia a conduzione familiare porta con sé gli ostacoli di entrambi i mondi. Eppure, le cinque generazioni dei titolari e discendenti Babolat hanno sempre saputo dimostrare il loro valore, cogliendo le opportunità dei tempi che correvano, sapendosi anche reinventare e mettendosi in discussione, sotto un unico motore trainante: l’innovazione. L’ultima e audace novità è stata presentata il 12 e il 13 settembre a Madrid: la prossima apertura del Babolat Padel Studio in Catalogna, precisamente a San Fruitos de Bages, nei pressi di Barcellona.

L’annuncio è giunto nell’ambito di una due giorni dedicata a questo segmento sportivo, all’interno della Torre Emperador dov’è situato il campo da padel più alto della città. E dove, tra gli altri, erano presenti Eric Babolat, ceo dell’azienda, e Juan Lebrón, ambassador del brand dal 2017 e l’unico atleta a vedersi dedicata un’intera collezione recante nome e logo brandizzato “El Lobo”, soprannome con cui è noto il professionista.

L’apertura di un centro dedicato in un Paese che non è la Francia manda un segnale ben preciso sulla direzione che l’azienda vuole intraprendere circa lo sviluppo della disciplina.

Babolat Padel Studio

Il Babolat Padel Studio sarà una fabbrica interamente dedicata alla ricerca e lo sviluppo delle racchette da padel, il loro concept e i materiali. Le pale saranno realizzate a mano, in piccole quantità e in edizione limitata, con un occhio di riguardo alla performance sostenibile, la prima delle quali verrà rilasciata nel 2024. Il laboratorio aiuterà inoltre Babolat a rispondere al meglio alle esigenze dei giocatori e a mantenere all’avanguardia l’azienda nell’evoluzione degli sport di racchetta. Non a caso, una delle parole chiave del centro è “innovazione”, accompagnata da “servizio al giocatore”, “produzione su misura” e, con un’inversione rispetto alla classica rotta, “made in Spain”.

Questa è una scelta strategica: l’intenzione di Babolat è quella di essere un brand esperto di padel. Ciò significa fornire ogni prodotto di cui ogni giocatore, dall’amatore al top di gamma, potrebbe avere bisogno approcciandosi a questo sport di racchetta. Da qui la necessità di trovarsi nel centro della cultura del padel, comprendendo il dna di questo sport dalle sue stesse radici. Lo studio troverà dunque terreno fertile nella nazione dove adesso il padel trova maggiore spazio per crescere e maturare.

Questa è inoltre la prima volta dagli Anni ‘90 in cui il marchio investe in una fabbrica specializzata allo sviluppo prodotto – altre tre filiali dedicate al tennis e al badminton sono situate in Francia. La vicinanza alla sede di Babolat Madrid e la presenza sul suolo spagnolo, più propenso al padel rispetto al cugino francese, contribuirà a dare una spinta non indifferente all’esplorazione di nuovi metodi di produzione e di tecnologia di racchetta. Senza dimenticare un’intuibile velocizzazione circa lo sviluppo di nuovi prototipi.

L’intervista
Eric Babolat, 5^ generazione e ceo del marchio

La storia di Babolat si lega indissolubilmente alla discendenza dell’omonima famiglia, che non ha solo saputo tenersi stretta un’eredità lunga 150 anni, ma anche tenersi al passo con i tempi ogni volta correnti. Spesso anticipandoli. Arrivato alla quinta generazione, Eric Babolat è ben intenzionato a continuare nella crescita del marchio. Abbiamo avuto occasione di fargli qualche domanda.

Rispetto ad altri Paesi dove il padel è in stato più avanzato, come le già citate Spagna, Svezia e Italia, state attuando strategie diverse di mercato in Paesi come Germania, Francia e Regno Unito dove questa disciplina è ancora agli albori?
Sì, organizziamo degli eventi specifici dove cerchiamo di supportare e far crescere il gioco. Il limite principale che abbiamo riscontrato è il numero dei campi: se non ce ne sono abbastanza, sarà difficile far decollare questa attività. Ci sono però esempi virtuosi come l’Italia che ha visto molti investimenti a riguardo, perciò sappiamo che è un ostacolo superabile. Il Covid d’altronde ha dimostrato che lo sport fa bene; il padel, in particolare, è facile e tutti ci possono giocare anche in senso non strettamente agonistico. Inoltre, possiamo far leva anche sulla partnership con Club Med che offre vacanze sportive e a cui forniamo attrezzatura da tennis e padel. A dimostrazione che non c’è alcuna barriera per la diffusione e la pratica.

Pensi che la Francia sarà il prossimo Paese a vivere il boom del padel?
Ci piacerebbe molto. I francesi amano molto gli sport e in particolare quelli di racchetta, come abbiamo visto anche per il tennis. Per questo siamo sicuri che, quando capiranno effettivamente che cos’è il padel, lo accoglieranno in modo molto positivo. Anche perché, come l’Italia stessa ci ha mostrato, aggiungere il padel all’offerta non significa eliminare il tennis né uno sport sentito a livello nazionale come il calcio.

Alcune persone credono che in Italia Babolat padel diventerà più grande di Babolat tennis. È possibile?
Sì, in futuro sarà così. Il padel in effetti raggiunge potenzialmente più persone del tennis. Il nostro marchio coinvolge per lo più chi lo sport già lo pratica e ci scopre strada facendo. Tuttavia, adesso riusciamo a entrare in contatto anche con altri giocatori: coloro che vivono il padel come un passatempo, i bambini e tantissime donne, che rappresentano quasi il 50% della nostra clientela. La sua facilità inoltre permette di giocare anche in misto, cosa meno frequente nel tennis.

Tu appartieni alla quinta generazione Babolat. Ora è un business di famiglia completamente privato?
La nostra struttura fa la differenza nella visione a lungo termine e nelle relazioni che abbiamo con le persone, che sanno cosa facciamo e da quanto tempo lo facciamo. Inevitabilmente fa la differenza anche negli affari, perché ci dona il lusso del tempo: ciò che non ci riesce nell’immediato la possiamo portare a termine anche in futuro. All’esterno restituisce poi un’immagine di qualità, di costanza. E il cliente nel tempo resta contento perché sa che questa qualità non diminuisce e che possiamo offrire sempre di più, e sempre meglio.

Preferisci restare indipendente anche perché in questo modo non hai pressioni interne?
Le pressioni arrivano da parte del mercato, ma non abbiamo bisogno di altri tipi di struttura: queste sono le nostre radici, è il nostro modo di lavorare da sempre. Valuteremmo un cambiamento solo se questa condizione diventa un limite al nostro sviluppo. D’altra parte, mostrarci come un business famigliare ha un grande valore a livello di mercato: oggi viene visto molto meglio rispetto a 20 anni fa. Le persone sanno che possono contare su di noi, sul fatto che siamo qui per restare, per il lungo periodo.

Pensi lo stesso anche riguardo i tuoi giocatori?
Dato che vi considerate in una famiglia. Sì. Siamo una famiglia anche perché siamo sempre le stesse persone, e per quanto ci possiamo perdere siamo certi che ci ritroveremo sempre. È anche un ambiente dove possiamo parlare in modo più libero, dirci cosa va bene e cosa no. C’è supporto da entrambe le parti: i giocatori sanno che possiamo aiutarli nei loro momenti più difficili, e noi possiamo contare su di loro per questioni interne all’azienda. Non è sempre tutto rose e fiori, ma un rapporto così amichevole fa la differenza.

Seguendo l’esempio di Club Med, credi che ora in Europa e nel mondo si possano creare dei club con tutti gli sport di racchetta, con maestri che giocano anche a livelli molto alti?
Club Med (con cui peraltro abbiamo una forte partnership da 20 anni nel tennis, e ora estesa anche al padel) da questo punto di vista è molto attivo lato famiglie, ma spero vivamente che quello che dici si possa avverare. D’altronde, il padel si presta bene sia per chi si vuole solo divertire sia per chi vuole raggiungere in fretta un buon livello. Bisogna tuttavia considerare che tennis e padel spesso non si trovano allo stesso modo nello stesso Paese, tantomeno nello stesso centro, ma forse trovarsi di fronte al secondo potrebbe stimolare la curiosità di provarlo.

Come va il pickleball? È possibile che nel futuro realizzerete anche prodotti di altri sport o volete concentrarvi solo su sport di racchetta?
Oggi trattiamo di pickleball solo negli Stati Uniti, dove sta crescendo come il padel qui in Europa ed è praticato per lo più da vecchi tennisti. Non credo che i due sport vivranno la stessa crescita ovunque, sebbene il primo stia prendendo piede anche nel nostro continente. Lo trovo comunque divertente e interessante perché è ancora più facile del padel, per realizzare un campo serve solo disegnare le linee ed è molto facile da giocare e da organizzare. Per quanto riguarda gli altri sport, sì: vogliamo introdurne altri in Italia, ma sempre nell’ambito degli sport di racchetta. Noi facciamo questo da sempre e in questo vogliamo essere bravi. Buttarci in altro non avrebbe molto senso.


Numeri e dati

Di seguito alcuni numeri svelati e commentati da Babolat riguardanti il proprio business e anche il mercato padel in generale. Oltre a Paesi già maturi come Spagna, Argentina e Svezia, molti altri sono in fase di sviluppo e perciò in una posizione molto vantaggiosa per Babolat. Se l’Italia è la migliore tra gli Stati che stanno vivendo il “boom” – in termini di performance, campi e club – tanti altri si stanno ancora aprendo a questo sport e rappresentano pertanto un potenziale ancora da sfruttare.

10 MILIONI
di giocatori nel 2022, erano 1,5 milioni nel 2000

46 MILA
i campi totali nel mondo

90 su 150
i paesi in cui babolat è presente con il padel

4 MILIONI
di racchette vendute in generale nel 2022 (erano 300.000 nel 2000)

15-20%
la percentuale del padel nel business babolat

14 MILA
il numero di club nel mondo

35 ANNI
l’età media dei giocatori nel mondo

200 MILIONI
di euro il fatturato del brand nel 2022

55% e 45%
la percentuale di uomini e donne che giocano