
Giorgia Marchetti ha le idee chiare: entrare nella top 50 delle migliori giocatrici al mondo.
Forte del suo esordio al Premier Padel e dell’oro ai Giochi Europei, è decisa a costruirsi
un percorso solido, fatto di vittorie, impegno e un pizzico di fortuna
di Benedetta Bruni
Con un passato da tennista alle spalle, non era scontato che Giorgia Marchetti entrasse nel mondo del padel: più di 15 anni di agonismo possono mettere a dura prova la propria resistenza alle pressioni esterne. Ma grazie al prezioso sostegno del Circolo Canottieri di Aniene, che le è stato accanto durante la sua crescita morale e professionale, Giorgia ha ritrovato l’entusiasmo persino di competere ad alti livelli. E l’ha fatto insieme a vecchie e fidate conoscenze come Chiara Pappacena e Carolina Orsi, con cui ha condiviso traguardi importanti e gettato le basi per la scalata della top 50 mondiale femminile. Le abbiamo fatto qualche domanda sulla sua nuova vita da padelista.
Per chi non lo sapeva, in realtà tu provieni dal mondo del tennis. Come hai trovato la tua strada nel padel? È stato complicato “dimenticare” la tecnica del primo per buttarti invece nel secondo?
Gioco a tennis da quando ho cinque anni, approdando nell’agonistico a otto con i primi risultati in nazionale a 10. Ho smesso solo tre anni fa perché ero arrivata a un livello di pesantezza e pressione che non ero più in grado di gestire, sentivo che non riuscivo più a esprimermi. Per un anno ho fatto l’allenatrice di tennis femminile, ma mi mancava la parte competitiva dello sport. Il Circolo Aniene, dove mi alleno abitualmente, mi ha spinta a provare il padel e a pian piano mi sono appassionata, anche se all’inizio ho fatto fatica perché il passaggio dal tennis è complicato a livello tecnico. La fortuna di noi tennisti è che abbiamo molti punti in comune con il padel, anche se poi serve molto allenamento per ottenere colpi di alta fascia.
Alla luce di questo, quali ritieni siano i tuoi punti di forza sul campo?
Sicuramente tutto ciò che fa parte del gioco a rete o di attacco, come volée, smash e vibora. Nel frattempo sto continuando a migliorare la parete, soprattutto perché noi tennisti italiani dal punto di vista della difesa siamo un po’ meno preparati rispetto agli spagnoli, per cui è un tratto che spesso ci troviamo a dover potenziare.
Come vivi l’armonia di gioco con Chiara Pappacena?
Noi siamo amiche sin da piccole e abbiamo sempre giocato a tennis insieme, quindi è stato anche relativamente facile ritrovarsi in un altro sport. Avere un buon feeling prima di iniziare è sicuramente un vantaggio. Ciò non toglie che ci siano momenti difficili: avevamo iniziato a competere un anno fa, poi ci siamo divise e infine abbiamo ricominciato. Crediamo entrambe che una coppia debba anche saper stare separata, perché altrimenti si rischia di creare dinamiche spiacevoli. Ben venga allenarsi insieme, ma è necessario trovare un giusto equilibrio. Ora che abbiamo imparato a trovare i nostri spazi infatti ci troviamo molto meglio.
Ai Giochi Europei però hai vinto l’oro con Carolina Orsi. Come avete trovato il “click” della vostra intesa?
Anche Carolina la conosco da tempo, siamo molto amiche dentro il mondo del padel, ci confrontiamo spesso e condividiamo una stima reciproca. In più avevamo già giocato insieme, quindi la settimana dei Giochi Olimpici, sebbene molto dura a livello mentale, è stata anche molto bella. Era la prima esperienza del genere per entrambe e stare bene in campo ha avuto un ruolo decisivo. Dalla semifinale è scattato qualcosa tra di noi che è andato oltre il “crederci” e ci ha fatto volare fino alla vittoria. Lo sport d’altronde è così: è impegnarsi molto, ma per vincere bisogna anche trovarsi al momento giuto nel posto giusto. Siamo state fortunate, ma è un risultato che ci siamo andate a cercare.
Normalmente ti alleni a Roma, ma non sono rari i momenti in cui vai a Madrid da Rodri Ovide. Ci racconti un po’ in cosa consistono i suoi allenamenti?
In genere mi alleno con Roberto Agnini, dopo Saverio Palmieri con cui ho iniziato ufficilamente e che mi ha accompagnato fino a qualche mese fa, presso il Circolo Aniene che mi è stato accanto nei miei ultimi cinque anni con il tennis e all’inizio della mia carriera con il padel. Rodri Ovide è l’unica esperienza spagnola che ho avuto e ritengo che il suo gruppo sia molto competente. Si tratta molto il discorso parete, la tecnica, come scegliere la palla giusta da spingere (a differenza dell’Italia dove siamo più bomardieri), avere pazienza e, se serve, far durare il punto. È un allenatore molto tattico a cui piace lavorare sulle situazioni di gioco che si potrebbero verificare in partita.
Com’è stato l’esordio al Premier Padel? Che significato ha avuto per voi?
Per noi è stato importante perché è un circuito che inizia ad avere peso, sia a livello di share televisivo che economico. Inoltre, sia io che Chiara siamo romane, quindi è stato molto emozionante anche per questo. Il primo turno abbiamo giocato sul campo centrale e abbiamo pure vinto. Indimenticabile.
Quali sono i tuoi sponsor e come ti seguono?
Olio Colavita, Eurizon, il Circolo Canottieri di Aniene e Bullpadel che è sponsor tecnico e che insieme al circolo è stato tra i primi a credere in me. Sono molto affezionata a tutti loro perché, oltre all’appoggio lavorativo, mi seguono anche con grande affetto, ad esempio sono venuti a vedermi al Foro Italico.
Credi che il padel italiano, in particolare quello femminile, possa avere le carte in regola per essere accomunato a quello spagnolo o argentino?
Assolutamente sì. Più vado avanti e più mi rendo conto che quello tra Italia e Spagna è un gap che si può raggiungere. Devo dire che non mi sarei impegnata così tanto se non avessi visto che c’era margine per arrivare ad alti livelli. Questo discorso vale soprattutto per noi donne, che abbiamo aspettato qualche anno prima di ottenere chiarezza a livello legale, ad esempio per quanto riguarda la partecipazione al Premier Padel. Ciononostante c’è un grande rispetto e molta stima tra i team maschili e quelli femminili, si respirava un bel clima anche a Cracovia. Inoltre, la Federazione sta lavorando molto per far progredire il padel italiano: non ci sono Accademie come in Spagna e non siamo ancora pronti per formare ragazzi molto giovani a livello agonistico, ma la situazione sta iniziando a cambiare a partire dal tipo di preparazione che viene data ai maestri. Mi ritengo fiduciosa: ci vorranno una decina di anni per arrivare ai livelli spagnoli, ma al momento c’è tutta la buona volontà per raggiungerli.
Quali sono i tuoi obbiettivi per la seconda metà del 2023 e per il 2024?
Continuare a giocare tornei: al momento mi sento migliorata e ho fiducia nelle mie capacità, per cui voglio cavalcare questa scia. Vorrei tornare in autunno pronta a scalare la classifica ed entrare nelle prime 50 giocatrici migliori di sempre. Vorrei fare bene gli Europei e il Premier Padel l’anno prossimo.